mercoledì 3 settembre 2008

Partiamo dall'inizio

http://www.centrofondi.it

E' obbligatorio.

Pierluigi Paoletti IO l'ho conosciuto. E ne sono orgogliosa.

Che poi tutto è partito così, da qui, dalla tastiera, lo schermo e un blog. Con la voglia di dare agli altri gratuitamente un po' di noi e prendere in cambio liberamente quello che gli altri ci danno.

Si chiama baratto dell'informazione, c'è chi lo fa in un modo e chi in un altro, chi dà informazioni di politica, di società, filosofia, esistenzialismo, divertimento, di se stesso insomma, e tutto serve e tutto è libero.

Baratto è una parola che andrebbe usata più spesso.

Poi, come si sa, da cosa nasce cosa, si confrontano le idee, ci si trova in disaccordo su qualcosa e in accordo su altre cose.

E tra il dire e poi il fare, ci può essere di mezzo il mare, o l'autostrada, o lande e terre emerse, boschi e praticelli, non c'è cazzi, se c'è la volontà, il fare arriva sempre.

E questa voglia di fare è contagiosa.

Perché il fare poi diventa un'epidemia, che a forza di condividere idee e pensieri, tutti si viene contagiati, e chi ci mette una cosa e chi ce ne mette un'altra, vengon fuori delle robe da impallidire, per la loro enormità.

Così, quando per un motivo, quando per un altro, e quando condividi quello e quell'altro, sostituisci il termine LAMENTARE con il termine FARE e vengono su dei progetti, che io, quando ho visto Pierluigi Paoletti, un po' mi sono emozionata, che fino a quel momento poi l'avevo solo letto nel suo sito.

E insomma menala che ti rimenala, si forma questo gruppo di persone che ci mette dentro l'anima nel far le cose per gli altri, gratis. Che io, se proprio proprio devo essere sincera, a parte che diffondere il pensiero di Paoletti ovunque potessi, c'ho fatto pure una lezione a scuola con un suo articolo, non ho poi fatto molto.

Ho fatto un po' la cavia con le prove del sistema informatico, che mi han detto te che c'hai fantasia, siccome dobbiamo fare un test ad un sistema informatico, ti devi mettere lì e trovare i luoghi più strani e inventarti le professioni più strane. Ora, ecco al massimo dello sforzo, mi son spacciata per un venditore di kebab (che dovevo inventare anche il nome).

Però poi, giuro, ho dato tutto il mio appoggio e rinunciato a cene e passeggiate.
Ho asciugato qualche fronte anche, e portato qualche caffé, che fa sempre piacere.
Ma l'appoggio, quello ce l'ho messo tutto.

E continuerò, anzi mi attiverò veramente e finalmente, che ora inizia la parte più divertente: la diffusione.

Però, ecco in sostanza, indipendenti dal sistema, ci son persone che si son fatte un culo così per fare questo progetto.

Insomma: SI PUO'.

Morale della favola: se si crede in qualcosa si può fare. Basta arrotolorasi le maniche e iniziare.

Abbasso il sistema e chi ci vuol far credere di essere schiavi intrappolati che non si può più far nulla.

Se vogliamo SI PUO'.

Si inizia: con il progetto Arcipelago SCEC.

4 commenti:

SCHIAVI O LIBERI ha detto...

Bè...cosa dovrei aggiungere al tuo post? bisogna iniziare a metterci nell'ottica che lamentarsi conta solo se poi il tutto viene seguito dai fatti.

Ps: ho notato... ho notato... e come vedo sembra essere stato di buon auspicio.
Un saluto.

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Baratto o moneta, è costruire un sistema più a misura d'uomo la soluzione. Ma oggi chi può ed ha potere, vuole invece aumentare la differenza tra i pochi ricchi del pianeta e gli altri....

Noi, tutti noi, ossia "gli altri", dovremmo non farci la guerra l'uno con l'altro solo perchè alcuni di "noi" stanno meglio di"altri", ma dovremmo essere uniti contro i famosi potenti....

Ma questa è utopia. E temo che non la potrei barattare, come non potrei barattare una mia poesia, con un bicchiere d'acqua....

PS: mi permetto di linkare il tuo blog se ti fa piacere. Passa da me quando vuoi e commenta in libertà: sei molto sensibile ed attenta alla realtà che ti circonda e questo mi piace.

Ciao
Daniele

digito ergo sum ha detto...

sono d'accordo con te e con la PROFONDITÀ (visto?) del tuo pensiero. sono convinto che si possa cambiare, ci vuole unità certo, ci vuole stimolI che neppure si sanno, ma si può. Come dicono i francesi: ui chen! (?)

Sono anche d'accordo con Daniele, che poi lui, questa voglia ce l'ha dentro, ma è un "utopico realista", riesce ancora, da uomo saggio, a demarcare il confine tra un'iNpresa titanica e un sudore inutile.

Confido, per lo più, su una sorta di coGnato di vomito globale, che spingerà i più a cambiare, perché di andare avanti così, non ce la si fa.

buona giornata

Pipoca ha detto...

Ora va bene lo ammetto,
il sottofondo del post era ancora quello dell'emozione e dell'ingenuità, tipicamente adolescenziale, ma sono una persona emotiva, io, e mi calo nelle parti, che mi sentivo un po' la Giovanna d'Arco italiana o il Che G., sempre italiano, il Mao lucchese insomma.

Capisco che erano parole dettate dallo stralcio emotivo di cotanta emozione, dall'esser stata poi su un ermo colle, davanti una siepe, a immaginar all'infinito il calco del mio volto, in bronzo, osannato in cima a una colonna in mezzo a una rotonda sulla strada.

Ma... Parlando seriamente, 'sta cosa qui dell'utopia ne ho sentito parlare anch'io.
Ma quando poi mi sono accorta che riuscivo a reggere molto alcool e ballare sui tavoli alla mia età, allora ho detto, rivediamo il concetto di utopia.

Che secondo me è una favola che ci hanno raccontato e noi,
che anche se dismesso la credenza nel rospo mutante, nello hobbit e nella befana, a questa utopia ci crediamo sempre.

Che questa cosa, mi ha insegnato a me, che l'utopia, siamo un po' anche noi che la creiamo.

volantino, “Perché lottiamo” – 1976

Perché?

– Perché intervenire in un quartiere occupando una casa con appartamenti vuoti da anni?

– Perché opporsi alla speculazione edilizia?

– Perché creare un centro sociale dove tutti si possano incontrare e discutere di vari problemi liberamente?

– Perché rifiutare una società che di fatto elimina i rapporti fra gli individui e gli crea delle città che sono alveari?

... per una società senza servi e senza padroni.