
Che è un autore fiorentino, tale Vanni Santoni, che ha scritto con la Feltrinelli questo Gli Interessi in Comune, che non lo so mica giudicare ancora, io, questo libro, e non so dire nemmeno se mi sia piaciuto oppure no.
Che poi mi ha fatto riflettere, e questo è già qualcosa per un libro, che mica tutti i libri ci riescono, a far riflettere la gente.
Ed è scritto anche con un stile asciutto e scorrevole, van giù bene le pagine insomma, che l'ho letto in un due serate e un pezzettino al parco.
Che è un libro che parla un po' delle generazioni, cioè parla della generazione dello scrittore, ma che se uno è di un'altra generazione può anche fare il confronto.
E questa generazione, che non è proprio la mia anche se fra me e lo scrittore ci corron solo cinque anni, è come un po' tutta incentrata sulle droghe.
Ché nel libro parla solo di tutti i tipi di droghe che han provato l'autore e i suoi amici e poi non dice altro, ma si percepisce un po' di fondo che c'è sempre un dramma basilare nella vita dell'uomo quando è indeciso tra l'essere e il diventare.
Ecco, io 'sto libro l'ho comprato ché è un periodo, ora, che mi son detta che voglio leggere solo autori italiani contemporanei per vedere un po' lo stile e l'uso della lingua e le tematiche (e tutte quelle cose che ti insegnano a fare quando studi la letteratura).
E l'ho comprato perché all'inizio del libro, il suo incipit insomma, c'è un 'manifesto generazionale' che mi ha colpito tanto, ma poi di veramente interessante, mi sono accorta, che c'è solo quello, che son solo due pagine all'inizio, e che tutto il resto poi è stata solo una spiegazione di come è giunto l'autore a scriver quel 'manifesto' lì.
E quell'autore, quel libro e quel 'manifesto', pare sia giunto a scriverli facendo un uso abbondante di droghe e quindi il racconto alla fine è la descrizione di tutti i momenti in cui l'autore e i suoi amici han provato le droghe, che anche i capitoli han come titolo il nome della droga che viene provata in quel capitolo lì.
Ecco, alla fine, un qualcosina c'è, ché si potrebbe tentare anche un'analisi sociologica sull'uso della droga e di come è cambiata antropologicamente la percezione, la concezione, l'uso della botanica sacra, che son cose interessanti, ma che si potrebbero scrivere benissimo anche in un altro modo o in maniera più approfondita,
Alla fine sembra quasi solo un abbattimento del tabù della droga, che ha i suoi aspetti positivi, ma anche negativi. Quindi non so, mi sento un po' perplessa.
Il 'manifesto' invece è proprio interessante, che ora, se i miei cinque lettori -che son più realista io di Manzoni, quando ne preventivava venticinque- han pazienza di leggerlo, lo trascrivo pure, così si risparmiano i 13 euro del libro solo per due pagine, a meno che poi ai miei cinque lettori interessino sapere quali tipi di droghe si son fatti quei ragazzi lì e le allucinazioni che hanno avuto, che sono un po' misere sinceramente, e comunque non certo ai livelli di William Seward Burroughs, che non c'è proprio confronto con lui e quella generazione lì, almeno per me, insomma.