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martedì 5 agosto 2008

La Vita di Saragaia


La Vita di Saragaia di Sara Falli

Setaccio librerie e scalo scaffali alla ricerca della mia generazione, la premessa.

La mia è una generazione letteraria autobiografica.

Una generazione di gente che non ha più il mal sociale del sessantotto.

La mia generazione il male ce l'ha dentro, nelle pieghe d'anima, si dice, e non sa stirare.

La storia è la biografia di questa Saragaia che ha avuto una vita abbastanza particolare e che le ha lasciato un gran groviglio dentro.

Quei tipici grovigli che assume la vita e che più cerchi di dipanarli, più si aggrovigliano, almeno per me.

Lo stile è semplice e nemmeno dei miei preferiti.

Strano però è che il libro sembri proprio scritto per me - stile a parte -.

Che i dolori, gli scompensi, le tristezze, le esperienze interiori, i casini interiori, pigiati nel vaso del cranio, come dice Folgore, quelli sì, sono uguali.

Anche il mal d'orecchi e le nonne e le gabbie.

Ma forse alla fine, quella Saragaia lì, ha avuto meno sfiga di me.

giovedì 31 luglio 2008

Gli Interessi in Comune


Mentre aspettavo che arrivassero i libri di Paolo Nori, Pancetta e I Quattro Cani di Pavlov, mi sono letta un altro libro.

Che è un autore fiorentino, tale Vanni Santoni, che ha scritto con la Feltrinelli questo Gli Interessi in Comune, che non lo so mica giudicare ancora, io, questo libro, e non so dire nemmeno se mi sia piaciuto oppure no.

Che poi mi ha fatto riflettere, e questo è già qualcosa per un libro, che mica tutti i libri ci riescono, a far riflettere la gente.

Ed è scritto anche con un stile asciutto e scorrevole, van giù bene le pagine insomma, che l'ho letto in un due serate e un pezzettino al parco.

Che è un libro che parla un po' delle generazioni, cioè parla della generazione dello scrittore, ma che se uno è di un'altra generazione può anche fare il confronto.

E questa generazione, che non è proprio la mia anche se fra me e lo scrittore ci corron solo cinque anni, è come un po' tutta incentrata sulle droghe.

Ché nel libro parla solo di tutti i tipi di droghe che han provato l'autore e i suoi amici e poi non dice altro, ma si percepisce un po' di fondo che c'è sempre un dramma basilare nella vita dell'uomo quando è indeciso tra l'essere e il diventare.

Ecco, io 'sto libro l'ho comprato ché è un periodo, ora, che mi son detta che voglio leggere solo autori italiani contemporanei per vedere un po' lo stile e l'uso della lingua e le tematiche (e tutte quelle cose che ti insegnano a fare quando studi la letteratura).

E l'ho comprato perché all'inizio del libro, il suo incipit insomma, c'è un 'manifesto generazionale' che mi ha colpito tanto, ma poi di veramente interessante, mi sono accorta, che c'è solo quello, che son solo due pagine all'inizio, e che tutto il resto poi è stata solo una spiegazione di come è giunto l'autore a scriver quel 'manifesto' lì.

E quell'autore, quel libro e quel 'manifesto', pare sia giunto a scriverli facendo un uso abbondante di droghe e quindi il racconto alla fine è la descrizione di tutti i momenti in cui l'autore e i suoi amici han provato le droghe, che anche i capitoli han come titolo il nome della droga che viene provata in quel capitolo lì.

Ecco, alla fine, un qualcosina c'è, ché si potrebbe tentare anche un'analisi sociologica sull'uso della droga e di come è cambiata antropologicamente la percezione, la concezione, l'uso della botanica sacra, che son cose interessanti, ma che si potrebbero scrivere benissimo anche in un altro modo o in maniera più approfondita,

Alla fine sembra quasi solo un abbattimento del tabù della droga, che ha i suoi aspetti positivi, ma anche negativi. Quindi non so, mi sento un po' perplessa.

Il 'manifesto' invece è proprio interessante, che ora, se i miei cinque lettori -che son più realista io di Manzoni, quando ne preventivava venticinque- han pazienza di leggerlo, lo trascrivo pure, così si risparmiano i 13 euro del libro solo per due pagine, a meno che poi ai miei cinque lettori interessino sapere quali tipi di droghe si son fatti quei ragazzi lì e le allucinazioni che hanno avuto, che sono un po' misere sinceramente, e comunque non certo ai livelli di William Seward Burroughs, che non c'è proprio confronto con lui e quella generazione lì, almeno per me, insomma.

De Oriana Fallaci


Allora stamattina, che sono stata mattiniera, siccome davanti casa giustappunto c'ho il supermercato del libro, la prima cosa che vedo, ancora prima del delitto della porta accanto, che davvero han trovato una morta in casa in città e non sanno ancora se si tratti di incidente o di omicidio, la prima cosa che vedo è stato un cartellone pubblicitario del libro dell'oriana fallaci.

Il titolo postumo è un cappello pieni di ...e qui arriva il dilemma... ciliege.

Che io ho sempre scritto ciliegie, con la g.i.e alla fine, che c'è anche un paragrafo nei libri di grammatica dedicato al gran dilemma ortografico, e ciliegie, da quando io son per le scuole, è sempre stato ciliegie con la i.

La regoletta in poche parole dice che:

i sostantivi che terminano in -gia con la i atona al singolare (come in ciliègia)
e che hanno la sillaba finale preceduta da vocale (come ciliegia),
hanno la i nella desinenza plurale (ciliegie e non ciliege)

quindi ciliegie,

ora è vero che è ammesso anche il ge, ove non si creino omografie,

ma io non vedo perché si debba sconvolgere completamente un'ortografia, là dove non ce ne sia bisogno o non sia espressamente motivato.

Che per esempio, è vero che io scompongo e frantumo la sintassi del periodo e della grammatica-base, ma un motivo ce l'ho, ché far giochi con la lingua mi è sempre piaciuto (!?).
E mi piace tanto anche la Gertrude Stein e Raymond Queneau, la scrittura automatica e la scomposizione della forma, le avanguardie e la sperimentazione linguistica e la Virginia Woolf.

E una teoria di sottofondo ce l'ho, ché vorrei tentare di ricondurre al piccolo quotidiano le grandi tematiche importanti, ma che se esposte con un certo accademismo linguistico diventano pallose, e poi sennò secondo me anche i grandi ideali o le idee sociali son difficili da vivere o mettere in pratica, mentre invece si incontrano tutti i giorni, delle piccole ma grandi scelte da fare.

E unito a questo vorrei che si tramandasse anche quella forma un po' colloquiale e dialettale che ci caratterizza e che oggi sennò con la globalizzazione e la massificazione della lettura va a puttane.

Ecco, io i miei errori sintattici un po' li giustifico, e cerco anche una musicalità di fondo nello scrivere, che secondo me assomiglia un po' alla musica (e tutta, ecco, poi una sfilza di paranoie linguistiche che a me intrigano da matti).

Ora la spiegazione per quelle ciliege senza i lì dell'oriana fallaci, non l'ho mica trovata.

Che due giorni fa sulla Repubblica.it il primo articolo che proponevano era proprio 'sta storia delle ciliegie, che era scritto ciliege senza i, e mi son detta, ma guarda questi qui, che sbagliano anche l'ortografia e poi si fan chiamare giornalisti (che con i giornalisti sono un po' anche incazzata e son sempre pronta a criticare il pelo nell'uovo).

Che dopo qualche ora c'ho ripensato, architettando già un piano di denuncia oratoria roba da matti, e sono andata a ricontrollare e ho visto che, sulla Repubblica.it, l'avevan corretto e avevan scritto ciliegie con la i, e le parole mi son morte in gola.

Che dopo qualche ora poi, son tornata di nuovo all'articolo e c'era di nuovo ciliege senza i, e ho pensato che ci fosse sotto qualcosa e poi ho capito che si trattava del titolo vero del libro postumo dell'oriana fallaci.

Però la motivazione mica l'ho poi trovata.

Che ora, io son per ciliegie con la i, ma se poi succede come la parola familiare, che ho sempre scritto con la li, ma siccome la Natalia Ginzburg aveva scritto Lessico Famigliare con la gli, è diventato corretto anche scrivere famigliare con la gli, che io agli studenti nei compiti non glielo ho mai corretto.
Ma lì c'è una storia più profonda, dall'etimologia latina etc.etc. ed il passaggio nel volgare, che insomma anche a spiegarlo c'è una certa soddisfazione.

Ma 'sta cosa delle ciliegie io non l'ho capita, che anche l'Accademia della Crusca, son sicura, dice ciliegie con la i.

Che poi 'sta storia dei titoli, non vorrei che diventasse che siccome l'Oriana con la Rizzoli han scritto ciliege senza la i, allora gli studenti nei temi non mi ci metton la i, e se io lo segno errore poi mi fanno anche polemica (ché con due errori gravi di ortografia io levo un punto pari pari al voto finale), che se continua così siccome fantozzi dice venghi e vadi, allora non son più errori nemmen quelli, e non son più errori neanche quelli che per far rima mettono nelle pubblicità e via dicendo.

venerdì 25 luglio 2008

A Paolo Nori


uno degli autori per il quale ho preso una fissa è Paolo Nori, l'ho letto fin da quando sono usciti i suoi primi libri.

Anzi, i suoi primi libri li ho letti tutti, poi sono rimasta un po' indietro, perché la cultura costa e ogni tanto devo darmi una regolata, perché a leggere un libro a volte ci metto un giorno e basta, e va finire che in libreria poi ci lascio lo stipendio.

Che di per sé, a ben pensarci è una cosa assurda, ma talmente assurda.
Ché ogni mestiere abbia degli sgravi sulle spese degli strumenti atti a condurre nel migliore dei modi la propria professione, mi pare più che lecito.
Ciò che non è lecito, moralmente assurdo e anche molto tragico direi, è che io non abbia sconti sugli strumenti del mio mestiere ed a fine mese debba fare i conti su tutti i libri che vorrei leggere, e che sarebbero necessari al mio mestiere, ma che non mi posso permettere e debba fare una scelta tra quelli più urgenti e quelli meno.

Ché l'altro giorno quando sono andata in libreria mi sono anche incazzata, perché nella pila dei libri delle nuove uscite, mica c'eran libri sani, no, c'era valeria marini, nel suo libro e anche in copertina con gli occhiali da sole perché c'ha un occhio pio, e mi son chiesta che cazzo avrà da dire? io certe cose non sopporto.

Ora c'è lettura e lettura e ci son tanti libri nei cassetti di scrittori sconosciuti che non trovan nessuno che li pubblichi perché sono sconosciuti ed a questa invece che come spessore per me è molto molto sottile le pubblicano un libro sul come ti porto le mutande.

Ecco comprare un libro in una libreria dove subito all'ingresso avevan questo libro, mi ha dato un un po' fastidio. Se fosse per me, dovrebbero fare due tipi di librerie: quelle dove vendon i libri veri e quelle dove vendon le stronzate, così almeno non si ferisce chi invece, ancora un po', crede nella letteratura e nella lettura e nella scrittura e nel miracolo delle parole.

Ora, mi son detta, in questa libreria non ci vengo più, perché non voglio collaborare io al dar profitto a chi vende i libri della marini, ma poi mi sono accorta che da quando hanno aperto 'sta libreria gigantesca della figlia di berlusconi, han chiuso tutte le librerie d'intorno e l'unica alternativa, per comprare libri, era la mondadori.
Ed anche alla mondadori io non ci posso andare, perché anche quella è di berlusconi e lì, invece che la marini, c'han fabio volo, che sarà pure simpatico, ma sarebbe meglio che continuasse a fare il giullare e lasciasse stare la penna. O se proprio proprio, insistesse con il fatto che vuole la penna, prendesse quella di qualche pennuto e si mettesse a giocare agli indiani -con le penne in teste- o fare i cuscini ed i piumoni -con le penne dell'anatra.

Insomma, era tanto che lo guardavo 'sto libro di Paolo Nori, ma aspettavo uscisse in edizione economica, che son quelle lotte che faccio: lotte di attesa, lotte al centesimo.
Ma son quelle lotte per sfinimento, che talvolta vince lo sfinimento editoriale ed io mi compro il libro in edizione non economica e collaboro rabbiosamente al profitto della libreria che vende la marini.

Insomma lo compro 'sto libro e stanotte c'ho fatto le due per leggerlo, che è un vero spasso. Paolo Nori l'ho visto anche a una conferenza dove parlava dei suoi libri e gli ho fatto anche una foto.

Elenco dei suoi romanzi, e di quelli che mi mancano:

1999 - Bassotuba non c'è - celo
1999 - Le cose non sono cose - celo
2000 - Spinoza - celo
2001 - Grandi ustionati - celo
2001 - Diavolo - celo
2002 - Si chiama Francesca, questo romanzo - celo in duplice copia
2003 - Duke & Co - manca
2003 - Storia della Russia e dell'Italia - manca
2003 - Gli scarti - manca
2004 - Pancetta - manca
2004 - Learco. In un ora, nove romanzi in musica con Learco Ferrari, in un'ora - manca
2005 - Ente nazionale della cinematografia popolare - manca
2006 - I quattro cani di Pavlov - manca
2006 - Noi la farem vendetta - manca
2007 - Tre discorsi in anticipo e uno in ritardo. Su Calatrava, su Checov, sulle scimmie, sulla canzone popolare - manca
2007 - La vergogna delle scarpe nuove - manca
2008 - Siam poi gente delicata. Bologna Parma, novanta chilometri - manca
2008 - Mi compro una Gilera - celo

Insomma son rimasta un po' indietro, che poi sono anche noiosa, ché un autore quando mi piace, io devo leggere tutto, e per di più ho questa strana pretesa di leggere i libri in ordine cronologico, così, penso, posso vedere anche la maturazione della sua scrittura e l'evoluzione del suo stile.

Che la scrittura è un'arte e subisce grandi cambiamenti nel tempo, e lascia un'idea del mondo e dell'uomo che è una cosa formidabile.

Ora Paolo Nori mi piace perché scrive come parla. Lo dice anche in un libro, che il computer, evidentemente lui scrive a computer, quando scrive un libro gli dà sempre quasi tutto sottolineato in rosso per gli errori.
Ma questo suo scrivere come parla, diventa quasi una cantilena, armoniosissima e bellissima, e musicalissima, che leggere e scrivere è quasi un po' come produrre musica, quando senti che le parole scivolano via al ritmo del mondo e non ti puoi interrompere mai di leggere, che sarebbe come stoppare una canzone sul più bello.
E lui è così, ti trascina nelle sue storie con questa musica del parlato e se ne sbatte della grammatica e forse c'ha ragione, che tanto si capisce lo stesso, anzi meglio, che fa un po' ridere e po' commuovere, ma è vero, ed è questo che conta alla fine, essere vero.

Come in un flusso di coscienza continuo. Che i pensieri di un uomo mica hanno forma mediata dalle regole linguistiche, i pensieri vanno e son liberi e non li devi controllare e la sua scrittura così rappresenta la libertà dell'essere i propri pensieri, che son tanto belli...

E che non capisco -cioè lo capisco, ma non voglio accettare- perché questa società faccia questa lotta furiosa contro la libertà anche del pensiero e ci allevi fin da piccini a rinnegare i nostri pensieri, ché ci insegnano che ci son pensieri e pensieri e i pensieri vanno educati, ché alcuni son giusti ed altri no.

Ed io non son mica d'accordo con questo.
I pensieri sono. Punto.

E questi suoi pensieri mi fanno venire una gran voglia di pensare anche a me e di scrivere e di leggere e non è mica da poco per un libro, far venire voglia di pensare senza tante proibizioni e accademismi e di scrivere, senza tanti dubbi sulla forma, e di leggere ancora.

Anche se ho notato che dai primi all'ultimo romanzo, la sua forma è diventata un po', ma leggermente, artificiosa. Che è un rischio in cui incorrono tanti scrittori, che smettono di scrivere per scrivere, ma scrivono per vendere e allora lì si sputtanano.

Dice sia l'editoria che ti obbliga a scrivere un po' di romanzi nei tempi stabiliti dal contratto, che ti prendon per la gola, quelli sciacalli lì, e allora uno lascia stare la scrittura ed entra nel meccanismo del mercato che è una fregatura.

Nel suo stile, scritto direttamente ispirato a lui.
Che mi pare sia anche dimagrito, che nella foto che gli ho fatto io era più tondo ed in quella che ho trovato ora mi sembra più smagrito.

venerdì 6 giugno 2008

Campagna Contro il Padre Silente


A mio padre


colto da pigrizia senile e dal morbo della pensione.


Eppur mi scrivevi: ho ancora le lettere da quand'ero una infante (in cui mi promettevi un tappeto volante – che non ho mai avuto) a quand'ero adolescente (in cui mi minacciavi per la scarsa igiene in cui versava la ns abitazione – che mi ha dato robusti anticorpi).


Ma ora taci. Taci. Tacerai tra mill'anni, non ora.


Lascia che la parola si impossessi di te!


Foss'anco solo per ricordarmi la maglietta della salute.


Minaccia numero 1 – Qualora perduri il silenzio mi vedrò costretta a postare una delle tue peggiori fotografie.

martedì 3 giugno 2008

Ci stiamo robotizzando?


Un terribile dubbio: e se i robot fossero la nostra evoluzione?

E' la percezione che rimbalza, semplicemente. O qualche vuoto filosofico. O qualche vuoto storico, letterario, culturale o spirituale...

Tendendo le orecchie alla gente, si odono grida, critica, grida, scandalo, ignoranza, insolenza.

Siamo una società ignorante. Punto. Se ne lamentano tutti. Non ci sono basi.


L'altro giorno, in una commissione qualunque d'esame, segreto d'ufficio, di un esame di qualifica professionale qualunque, una qualunque insegnante gridava di fronte ad un'ortografia un po' rionale.


Se fosse stato oggi sarei stata più clemente.


Oggi per caso sono finita in un sito in cui si propone una nuova forma di scrittura, usando il termine creativa senza parsimonia, collettiva piattaformizzata: si crea un database di aggettivi che qualifichino, ad esempio, un personaggio o un paesaggio e combinando tra loro i vari concetti, oplà il romanzo.


La mia ricerca ha voluto che vi arrivassi tramite la parola realismo.


Mi son cozzate le idee: ma la realtà allora è veramente tutta così piattoformizzabile, catalogabile in tantissime varianti, tutte combinabili come i numeri a lotto?


Da qui son partita... al mondo formattato in una summa di variabili preorganizzate.


Un enorme magazzino a cui, l'uomo, tempo permettendo, sta lavorando al fine di mettere in un ordine tutte quelle peculiarità che ancora ad oggi, o almeno per me, sembrano così incasinate.


Le parole per esempio, basti prendere le lettere, combinarle tra loro, originare parole ed abbinarle insieme in base alle ferree regole della ortografia, sintassi, punteggiatura, grammatica, lessico, registro linguistico, periodo.


Mi viene in mente: e la creatività, che diventa allora? La capacità di scelta di una variabile?


Mi vengono in mente percorsi e strade non altrimenti percorribili se non che nella direzione di una mente estremamente logica, matematica, organizzata: fine dell'imprevisto.


Roboticamente il navigatoresatellitare ci porterà dritti alla metà: niente più ritardi, errori di percorso o code impreviste.


Niente più scoperte.


Niente più errori.


Forse è un problema di identità, ma la cosa che più mi piace fare ultimamente è perdermi per le strade, imboccarne una che non so dove porti, fare due giri, ritrovare una via familiare e perdermi di nuovo.

E il prossimo tema che assegnerò ai miei studenti: Scrivi ciò che pensi come lo pensi.


volantino, “Perché lottiamo” – 1976

Perché?

– Perché intervenire in un quartiere occupando una casa con appartamenti vuoti da anni?

– Perché opporsi alla speculazione edilizia?

– Perché creare un centro sociale dove tutti si possano incontrare e discutere di vari problemi liberamente?

– Perché rifiutare una società che di fatto elimina i rapporti fra gli individui e gli crea delle città che sono alveari?

... per una società senza servi e senza padroni.