mercoledì 21 maggio 2008

L'era dello Scatolone

Siamo sempre più precari?

L'amore non è eterno.

Il partner non è eterno, come non è eterno il marito e la moglie. Un giorno o l'altro possono anche andarsene, magari con il migliore amico, poco conta di chi. La coppia si può sfare, tranquillamente e semplicemente. Basta una valigia, il resto in pratici scatoloni. Lo sanno anche i bambini.

Che da un giorno all'altro vedono scomparire un genitore, con o meno discorsino preparatorio, e se ne ritrovano un altro, e poi ritrovano l'altro con un altro ancora che era un amico che non vedeva da anni.

Le coppie di fatto, benché richiedano una maggior tutela della loro situazione, sono comunque libere di andarsene senza nemmeno dover ricorrere alla bega dell'avvocato: si vende la casa se c'è, o si disdice il contratto d'affitto e si fanno gli scatoloni: questo è mio, questo è tuo, questo lo abbiamo comprato insieme, ma te lo lascio, se tu mi dai quell'altro che abbiamo comprato in vacanza.

Nel caso ci siano figli, si ha l'affidamento congiunto, e così anche i pargoli iniziano già da piccoli a passare da una casa a un'altra a giorni alterni, fine settimana alterni, camere e libri alterni, la matematica si studia di lunedì, perché è dalla mamma, la geografia dal papà, fino a crearsi un piccolo scatolone con le varie ed eventuali, per sopravvivere alle dimenticanze o alle voglie impreviste.

Ma la casa è precaria, si sa.

Chi è in affitto lo sa, soprattutto se il canone è adeguato all'ISTAT. Chi ha un mutuo lo sa, soprattutto se quelle 300 euro da pagare di più al mese non corrispondono all'aumento dello stipendio. Chi non ha soldi per pagare il mutuo lo sa. Lo sa anche chi ha una casa, ma deve venderla, per tappare i debiti in banca. E chi vive con i genitori, suoceri o nuore, perché non può permettersi nemmeno un monolocale, lo sa.

E una volta fatto il grande salto, dicendo: vado a vivere da solo; lo scatolone è d'uopo, anzi, diventa quasi più conveniente dell'avere mobili.

Per i felici possessori essi sono ingombranti, pesanti e le ditte di traslochi care.


Per gli altri inaccessibili, la produzione cala ed i prezzi aumentano; rimane la superditta nordica, a prezzi modici e congelati, accessibili a tutti, ma li devi saper trasportare e montare. E è modica la loro resistenza e la loro garanzia, se si rompe immediatamente la colpa è tua, che non lo hai saputo montare correttamente, e comunque non è riparabile, perché si è imbarcato, spezzato, sfaldato, bagnato, gonfiato, seccato, rotto!

Sarebbero più ecologicamente ed economicamente comodi i vecchi scatoloni: quello per i libri rinforzato e quello per le scarpe, inverno/estate ben separati e si evita anche il problema del cambio di stagione, chiudi uno, apri l'altro. Molto ordinati, pratici e facilmente trasportabili.

Del resto, se proprio vogliamo fare i pignoli, il mobile è mobile proprio per questo.

Mobile proprio come il lavoro.

Ci sono i precari, si sa. Ma ci sono anche i precari che non sanno di esserlo: a loro è tolto solo il sapere di quando sarà.

Ma con lo scatolone è comodo anche quello: due minuti per raccogliere le proprie cianfrusaglie e siamo subito pronti per essere licenziati, falliti, trasferiti, mobbingati, cassaintegrati.

martedì 6 maggio 2008

Anarchismo (4) : sull'opinione pubblica, seconda parte

Sull'opinione pubblica: la sua importanza della divulgazione, sui sottili inganni della conoscenza e del sapere, sull'uso che ne può fare l'uomo.


L'opinione pubblica quale “l'aggregato delle attitudini individuali o delle convinzioni mantenute dalla popolazione” è fondamentale per la trasmissione ed il mantenimento di molti principi validi al gruppo sociale.


Oltre alle informazioni contenute nella storia, essa è la nostra antenata più viva.


Mi verrebbe quasi da anticipare la nascita dell'opinione pubblica a molto tempo prima del Secolo dei Lumi.


Per certi aspetti troverei molto più calzante tale mera definizione proprio per la storia antecedente il '700, benché tale anticipazione cozzi con il suo significato cronologicamente aggiunto. La trasmigrazione delle idee, già prima del boom editoriale settecentesco, permetteva la conservazione e la trasmissione di conoscenze e valori, essa era tradizione orale e cultura popolare condivisa (più o meno) e accettata (più o meno) tra i più.


L'opinione pubblica assume significato riconosciuto però, dal momento in cui si superano i confini, dal momento in cui il gruppo che attinge dalle stesse informazioni diventa sempre più grande.

Fenomeno illuministico, con intenti divulgativi e democratici, riaffermatosi ampiamente nel Novecento, con la cultura di massa, e requisito necessario attuale.


L'enorme possibilità di sviluppo della conoscenza appare così ampissima.


Il significato di 'ragione' e di conoscenza sono finalmente degne di essere riconosciute come fondamentali per la crescita dell'uomo. Esse assumono significato di superamento delle barriere geografiche, della cultura materiale e intellettuale indigena, delle ideologie e delle superstizioni nella sua accezione più ampia.


Di fronte ad una ricchezza così importante per l'essere umano, si pone però la questione del suo utilizzo.

L'uomo, l'artefice ,è in grado di saper utilizzare tale strumento a proprio vantaggio o finisce per rimanerne schiavo?


Di fronte ad un concetto così vasto, così denso di valore e significato, ma così neutro, si pone quindi sempre l'annoso problema della capacità o incapacità dell'uomo di saper utilizzare gli strumenti che genera e che ha.


Nel momento stesso in cui l'uomo diventa l'artefice dei propri strumenti, si presuppone, almeno logicamente che esso li sappia anche, o quantomeno utilizzare.


Di fatto l'opinione pubblica ha anche affrancato lo scrivere, il comunicare, il trasmettere stesso dal mecenatismo: lo scrittore smette di essere puro scribano governativo e diventa depositario di tutto il sapere.


O questo, almeno, per l'opinione pubblica, benché tuttavia uno scrittore libero rimanga escluso dalla ristretta élite intellettuale riconosciuta, tutt'oggi appannaggio governativo e politico.


Lo sviluppo dell'opinione pubblica e dei suoi valori quindi può essere (esclusivamente a queste premesse) riassumibile in tre diversi stadi.


A un primo stadio troviamo la trasmissione e la conservazione dei saperi e dell'esperienza; ad un secondo stadio la possibilità di ampliamento delle conoscenze; al terzo stadio l'affrancamento dello scrittore.


Ognuno dei tre stadi, però, contiene in sé anche tutti gli utilizzi più dannosi che l'uomo di fatto ne abbia saputo fare e che continuerà a fare.


O almeno fin quando non avrà appreso la sottile differenza che distingue il sapere dalla conoscenza.


1 . La trasmissione e la conservazione dei saperi sono diventati punti di arrivo, in cui la conoscenza è fine a se stessa, se non addirittura pericolosa.


Tali raggiunti saperi dell'opinione pubblica, anziché essere trasmessi come un nuovo punto di partenza per la conoscenza, rimangono mnemoniche citazioni.

Di fatto la progettualità ai fini di un sapere, la spinta all'esperienza come ulteriore conoscenza non vengono trasmesse.

Ciò che era punto di partenza è diventato punto di arrivo, oltre il quale altro non si trovi che il pericolo del crollo delle poche certezze dei pochi saperi.


Le ragioni di essere di tale pericolo sono varie ed possono andare dalla paura individuale del cambiamento, al bisogno di mantenere inalterati eventuali poteri raggiunti con determinati saperi.


2 . L'ampliamento delle conoscenze ha paradossalmente sbarrato la vera strada della conoscenza.


La conoscenza è divenuta, già nel '700, “pocket”, leggera, in sintesi, facile da trasportare sui carichi merci.

Lo studioso Robert Darnton ha individuato la fondamentale funzione della Grub Sreet nella divulgazione illuminista; la Grub Sreet era costituita da un manipoli di scrittori, sicuramente liberi, ma destinati alla produzione di un sapere per il commercio, tanto più ampio, quanto più semplice nella trasmissione e nella natura dei contenuti. Questo genere di editoria si è sviluppata parallelamente alle élite letterarie, tutt'oggi esistenti e assoggettate al governo, di coloro generavano le nuove idee da trasmettere.


Si andarono così sviluppando per mano della Grub Street tutta una serie di interpretazioni, riduzioni delle riduzioni delle idee, divenute saperi: tanti utili sì, ma nel contempo tanto delicati.


Tali saperi proponevano la conoscenza, le idee innovative dei grandi pensatori, intrisa della sua stessa subordinazione.


Saperi utili in quanto atti alla divulgazione, ma tanto dannosi se utilizzati con mera pigrizia.


Tutt'oggi noi siamo ottimi eredi di questa pigrizia: spesso ci appoggiamo a conoscenze ricevute per fonti di quarta, quinta mano, passate e filtrate cioè dalle menti di tutti coloro che ne hanno favorito, o fuorviato, la divulgazione.

Difficilmente invece troviamo stimolo nella editoria di divulgazione finalizzato a un percorso di conoscenza proprio.


Oggi tutti, grazie alla semplificazione e la mercificazione della conoscenza, si sentono nella posizione di poter trattare, valutare e addirittura giudicare un qualsiasi sapere.

Senza rendersi conto però, che talvolta lo stesso sapere è un pregiudizio, il cui frutto stesso è un pregiudizio a imitazione di altrui pregiudizi.


Il saperi si fanno sempre più piccoli, riassunti, ridotti, criptati, semplificati, tanto da divenire piccole frasi assolute ed indiscutibili.


Tutto parte dal preconcetto stesso del poter sapere, senza accortezza che il sapere comprende, già per definizione, il suo opposto: l'impossibilità di imparare, quindi ampliare le proprie conoscenze.


Il paradosso del sapere è la non-conoscenza.


Tale paradosso sembra essere oggi molto diffuso.


Attualmente il confronto per eccellenza è lo scontro tra chi sostiene giustamente opinioni diverse, ma tale confronto, piuttosto che essere indirizzato verso un arricchimento reciproco, un ampliamento delle conoscenze, è rivolto invece verso un voler imporre la propria opinione sugli altri, costi quello che costi. Tesi e antitesi come requisiti necessari per l'imposizione e non la risoluzione.


L'imposizione di quello che si reputa un sapere, diventa quindi Verità Assoluta anziché essere suscettibile alla conoscenza.



3 . L'affrancamento dello scrittore, infine, è diventato legge di mercato.


lunedì 5 maggio 2008

Anarchismo (3) : sulla natura dell'uomo


All'inizio de L'anarchia, Errico Malatesta difende l'anarchismo dal luogo comune che una società senza governo debba essere esempio di disordine e oscillare 'tra la prepotenza sfrenata degli uni e la vendetta cieca degli altri'.


Nei dizionari comuni, il sostantivo anarchia viene infatti tutt'oggi definito come: stato di disordine politico e sociale causato dalla debolezza del governo o dalla sua assenza; disordine, caos, assenza di disciplina e di regole.


La dichiarazione fondamentale di queste definizioni è che una società è quindi incapace di funzionare correttamente senza un governo e le sue leggi.


Se come società intendiamo l'uomo stesso, moltiplicato in svariate forme, esso, di conseguenza, è dichiarato incapace di convivere con l'altro, in quanto entrambi nel caos, nel disordine, assetati di prepotenza e vendetta.


Perché l'uomo viene considerato caotico nella sua prepotenza e vendetta?


La prepotenza e vendetta sono due connotazioni forti: esse sono caratteristiche peculiari dell'uomo e istinti naturali, o sono conseguenze di possibilismo ambientale e sociale?


Qualora fossero considerati istinti, essi sarebbero inclusi in quella che Freud definiva thanatos o istinto e pulsione di morte, semplicisticamente assimilabili al concetto di prepotenza e vendetta, contrastate però dal corrispettivo istinto o pulsione di vita.


Qualora, invece, venissero accertate quali conseguenze di un possibilismo sociale, l'uomo dovrebbe essere considerato come prepotente e vendicativo, in quanto risposta ed interazione con un determinato tipo di stimolo ricevuto e dato.


Qualora fosse possibile che questo stimolo e questa interazione conducano l'uomo alla prepotenza ed alla vendetta, sarebbe allora possibile anche condurlo nella opposta direzione.


L'anarchia diventa parzialmente ricerca, atta a condurre l'uomo a non aver più bisogno di regole cui sottostare per poter convivere con l'altro.

Almeno che l'uomo, che accetti la impossibilità di una società senza governo, accetti anche, coscientemente, la propria incapacità.

domenica 4 maggio 2008

Anarchismo (2) : sull'opinione pubblica.

Sul modo in cui le strutture sociali e politiche interagiscono con le idee, le opinioni.


Sull'importanza, spesso dimenticata, del dibattito.


Sull'importanza del mantenimento di un sistema diversificato del mondo, contro un sistema unico.


Sull'importanza dell'individualità e della diversità come realtà coesistenti e di pari importanza, contro l'imposizione di un modello assoluto.


Sull'importanza del movimento demografico non come invasione o barbarie, ma come scambio ed integrazione di conoscenze diverse, in cui l'uno abbia pari dignità dell'altro.


Sull'importanza di una circolazione di idee, il cui traffico riconosca pari spazio al valore ed alla qualità di ciascuno che vi voglia partecipare.


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Se all'uomo manca la capacità di vivere in un mondo basato sulla libertà propria e dell'altro, perché abbandonarsi a un sistema di sostegno a questa incapacità, invece che risolvere questa incapacità, cercando di trasformarla in capacità?


Se il termine anarchismo significa abolizione ogni potere costituito, in nome della libertà e dell’autonomia individuale.


Fondamentale innanzi tutto è definire cosa si intenda per POTERE COSTITUITO.


Se le definizioni fossero assolute e fisse, verrebbe a mancare il presupposto stesso per la loro creazione. E' dalla ricerca stessa di un superamento della 'definizione' data che nasce il progresso, la ricerca, il miglioramento.


Viceversa, il pregiudizio impone una opinione fondata su convinzioni che non si basano sulla conoscenza diretta di fatti, persone, cose, ma su semplici supposizioni o convinzioni correnti.


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Sull'opinione pubblica


Opinione pubblica: con il termine opinione pubblica si indica l'aggregato delle attitudini individuali o delle convinzioni mantenute dalla popolazione adulta.


L'opinione pubblica è influenzata dalle pubbliche relazioni e dai mezzi di comunicazione politici. In aggiunta, i mass media utilizzano un'ampia gamma di tecniche pubblicitarie per diffondere il proprio messaggio e cambiare l'idea delle persone.


L'importanza dell'opinione pubblica diventa cruciale durante il periodo delle elezioni politiche.


Viene frequentemente misurata usando i metodi del sondaggio a campione1.


Se diamo alla definizione di opinione pubblica un significato neutro, tali attitudini individuale e tali convinzioni quali sono, quali dovrebbero essere e quali potrebbero essere?


Se si presume che esse siano influenzate, se non addirittura create, da sistemi esterni (siano relazioni che mezzi di comunicazioni), qual è la natura e il valore di esse?


Le informazioni cui noi quotidianamente attingiamo, avendo il potere di manipolare la nostre attitudini, sono direzionate verso il benessere dell'uomo?


Alla sua nascita, l'opinione pubblica conteneva in sé numerosi potenziali.


Essa infatti fu accompagnata da un aumento massiccio dell'editoria, che ha dato la possibilità all'uomo di poter allargare il proprio sapere. Il lavoro intellettuale, la conoscenza, il sapere si sono ampliati e si sono allargati anche a quelle che venivano considerate classi inferiori.


La necessità della trasmissione e del confronto, del dibattito sulle informazioni ha portato quindi alla ricreazione di nuovi luoghi per l' incontro e lo scambio delle idee.


Scritti, manifesti, conferenze, mostre, dibattiti e rappresentazioni ne hanno favorito la diffusione, l'interscambiabilità, ma soprattutto, la possibilità di scelta.


La possibilità di scelta rappresenta una conquista essenziale per l'essere umano, perché permette innanzi tutto la conoscenza, la messa in discussione, il confronto, la critica al fine di individuare e poter sviluppare le proprie inclinazioni, le proprie peculiarità, la propria individualità, la propria libertà.


Lo scambio di idee, soprattutto, permette il superamento di quelle barriere che, diversamente, sarebbero il nostro unico e assoluto sapere. La possibilità eventualmente di poter attingere a più fonti religiose (intese come in funzionalità al benessere dello spirito) e a più sistemi culturali.


Ma parallelamente, là dove tali informazioni erano assoggettate ad un desiderio contrario alla libertà dell'individuo, ma al volere di un assoggettamento dell'individuo stesso per un interesse personale, l'opinione pubblica svela il suo punto debole.


Estremizzando, essa potrebbe comportare all'omogeneizzazione del mondo, in cui le caratteristiche e le predisposizioni individuali vengono di fatto respinte o annullate, a prescindere dalla qualità e dal loro valore.


Esiste oggi un POTERE COSTITUTO dell'informazione?


Se esiste, io sono anarchica, sono contro tale potere costituito.


1http://it.wikipedia.org/wiki/Opinione_pubblica

volantino, “Perché lottiamo” – 1976

Perché?

– Perché intervenire in un quartiere occupando una casa con appartamenti vuoti da anni?

– Perché opporsi alla speculazione edilizia?

– Perché creare un centro sociale dove tutti si possano incontrare e discutere di vari problemi liberamente?

– Perché rifiutare una società che di fatto elimina i rapporti fra gli individui e gli crea delle città che sono alveari?

... per una società senza servi e senza padroni.