mercoledì 17 settembre 2008

I miei studenti sono bellissimi

Solo tre giorni con loro e già son così.
Son bellissimi, perché son dannati.
Son bellissimi, perché sono abbandonati a loro stessi.
Son bellissimi, perché sono ignoranti.
Son bellissimi, perché son brutti.
Son bellissimi, perché sono sporchi.
Son bellissimi, perché non si lavano.
Son bellissimi, perché hanno i vestiti bucati.
Son bellissimi, perché son deformi, sono sdentati e gli mancano le dita, perché un giorno uno ha fatto una bomba con la polvere di alcuni petardi e gli è esplosa in mano.
Son bellissimi, perché sono miseri, famiglie inesistenti, situazioni degradate.
Son bellissimi, perché son bulli, dicono le bestemmie e le parolacce.
Son bellissimi, perché non sanno ragionare, perché vengono da culture povere, perché giocano a briscola durante la ricreazione.

E lo ripeto, sono bellissimi, perché alle superiori scrivono io 'o' la fidanzata senza la H.

Son bellissimi, ma non hanno diritti, hanno solo doveri e una briciola di futuro senza nemmeno troppe speranze.

Mettili lì tutti insieme e giocano a chi è il più cattivo, ma poi si imbarazzano quando sanno rispondere ad una domanda e negli occhi, a quindici anni, ci vedi già la vecchiaia.

Ed io mi vergogno per loro.

Mi vergogno di appartenere ad un mondo dove conta più l'immagine che la sostanza, dove siamo invasi dalla bellezza siliconata e le facce di plastica a tronisti, di una Italia dove c'è spazio per tutto, ma non per loro.
Dove c'è spazio per la sicurezza ed il decoro per le strade, per gli appartamenti di lusso, i Montecitori, i palazzi d'epoca e le auto velocissime, dove le mignotte vanno multate e il papa si mette le scarpe di Prada, dove le facciate son tutte pitturate di fresco e tutti i problemi son grandi dilemmi etici di poco valore e solo chiacchiere, se confrontati con la semplicità di quelle vite lì, quelle dei miei studenti.

Che l'intellettualismo di chi sa tutto ed ha sempre ragione, li ha distrutti, ha distrutto quei ragazzi lì che già son conviti, che loro tanto, c'è poco da fare, non capiscono niente.

Che a veder quelle facce, ti vien da dire, di diritti noi ne abbiamo fin troppi.

Che a guardarli di nascosto, quando loro non ti vedono, ti vien voglia di dire, anch'io voglio essere come loro, voglio svuotarmi la testa di tutte le minchiate e rimboccarmi le maniche, per costruire con loro una vita migliore.

Che la Gelmini, Brunetta, Tremonti e la Carfagna ce li metterei lì, davanti a quelle facce lì: provate ad amarli, adesso, gli direi, con tutti i vostri discorsi, prima di andare al Parlamento.
E lo direi anche a Berlusconi, che lui dice che lavora per gli italiani, gli direi Allora prima di lavorare, impara ad amare quei miei studenti lì, vedrai che poi lavori meglio.

Che son più dignitosi loro, alla fine, per me.

Che son tagliati, esclusi, evitati, giudicati e cancrene della vostra bella immagine sulle barche a Portofino.

Ma che il diritto alla vita, ce l'hanno anche loro.

E l'unico momento in cui potrebbero riscattarsi è la scuola.

E il momento dove loro hanno una possibilità, la sola forse, ma che gli vogliono togliere, che non son ragazzi benestanti, loro, di famiglie di città, son figli di cassaintegrati e di casalinghe che tirano avanti facendo le pulizie e la scuola pubblica è già una manna, che a volte, anche se han meno di sedici anni, a lavorare ci vanno già.

Ed i loro diritti, allora, sono i nostri doveri.

A loro, che forse il sapore della vita, loro, lo hanno assaggiato prima di me, e non gli è andato tanto poi giù.

2 commenti:

Piero Vereni ha detto...

Bello, bello, bellissimo questo che hai scritto sui tuoi studenti. Penso che per tanti versi siamo molto ma molto distanti ma il modo in cui racconti il senso dell'insegnare senza raccontarlo, guardando in faccia l'affacciarsi alla "cultura" con la rabbia di chi non la possiede per diritto ereditario mi trova in consonanza. Io ci penso, a questo sentimento che tu esprimi, quando insegno (all'università ma la cosa non cambia) e penso che sia bene pensare così. Solo un grazie

sara! ha detto...

bellissimo questo post, davvero. ha un che di poetico. ma no nquella poesia astratta, quella reale, concreta, che ti da i lsenso delle cose. magari tutti gli insegnanti si dedicassero con tanta passione al proprio lavoro!

volantino, “Perché lottiamo” – 1976

Perché?

– Perché intervenire in un quartiere occupando una casa con appartamenti vuoti da anni?

– Perché opporsi alla speculazione edilizia?

– Perché creare un centro sociale dove tutti si possano incontrare e discutere di vari problemi liberamente?

– Perché rifiutare una società che di fatto elimina i rapporti fra gli individui e gli crea delle città che sono alveari?

... per una società senza servi e senza padroni.