domenica 20 luglio 2008

Ettorex - Terza parte

Abbiam vissuto molto anni assieme, Ettorex ed io, in una casa arroccata su un colle toscano. Era il periodo in cui avevo deciso che l'aria di campagna fosse un toccasana per me, per il mio sistema nervoso, per i miei studi universitari (ero alla porte della tesi) e per il mio cane.


La casa era costruita praticamente sulle mura della fortezza del gaudente paesello, avevo un enorme camino, stanze enormi e bellissimi paesaggi boschivi fuori dalle finestre, il tetto a travicelli era un po' malandato e ogni tanto pioveva dentro, ma due pentole ed un secchio risolvevano il problema.


Il clima campestre era confortevole ed Ettorex ed io instaurammo da subito una pacifica convivenza, basata sull'indipendenza assoluta: entrambi inaffidabili, potevamo contare solo su noi stessi, sia lui che io.


Credo che quello fu il periodo in cui Ettorex mangiò meglio in vita sua. Infatti stava velocemente raggiungendo le dimensioni di un porco.

Essendo poco simpatizzante dell'antichissima arte del fare la spesa, sovente dimenticavo il cibo per Ettorex ed ai pasti, presa da fortissimi sensi di colpa, non avevo altro da fare che dividere il mio pasto con lui. Fu così che Ettorex si abituò a mangiare mozzarella, tonno, pasta a pomodoro, uova, fettine di carne e prosciutto, a volte anche verdura, ma non era tanto amante delle insalate e nemmeno delle patate.


Devo ammetter che i pasti erano i momenti in cui Ettorex mi dimostrava il suo più sentito amore, la sua più profonda dedizione, tutta la sua passione: si appoggiava alle mie gambe e mi guardava con due occhioni così grandi e lucidi, che talvolta pensavo avesse nei geni un qualcosa di alieno.


Ciò che però mi commuoveva di più era la sua espressione a cane abbandonato, un famelico cane abbandonato: mi guardava come se non avesse mangiato da anni. Ed io commossa all'inverosimile, mi sentivo un po' apostola, e lo nutrivo, così così come si darebbe da mangiare agli affamati e da bere agli assetati.


I risultati non si facevano attendere: Ettorex aveva sempre di bisogno di uscire per i suoi abominevoli bisogni, conosciuti ormai da tutto il paese.


Reputandomi per affinità parente al Parini, la mattina mi crogiolavo nel letto ad oltranza; Ettorex, in quanto più animalesco direi, e poco avvezzo alle storie dei giovin signori, invece, amava sul far dell'alba, seguire i suoi istinti di natura, e, quando natura chiama, chiama e lui rispondeva ululando.


Così, destandomi all'improvviso, aprivo lui la porta ed Ettorex, autonomamente usciva.


Non so che facesse, fatto sta che almeno smetteva di ululare.


A sentir le voci di paese, non troppo amichevoli purtroppo, pare che nelle sortite mattutine, fosse solito andar per galline, mangiare il cibo ai gatti della signora Clotilde, che ogni volta si incazzava come le bestie, abbaiare a chiunque tentasse di passare sulla viuzza onde si trovava la nostra abitazione e azzuffarsi con qualsiasi cosa che pareva, solo a lui, si muovesse (a volte eran lucertole, a volte l'ortolano, a volte sassi o piante). Fatto sta che tirava su un canaio che, se mi andava bene, ricevevo solo minacce da vicini.



1 commento:

calendula ha detto...

deve esere simpatico Ettorex ( quindi un miscuglio fra Iliade e il commissario rex ? )
ho messo il link del tuo blog sul mio,potevo ?

volantino, “Perché lottiamo” – 1976

Perché?

– Perché intervenire in un quartiere occupando una casa con appartamenti vuoti da anni?

– Perché opporsi alla speculazione edilizia?

– Perché creare un centro sociale dove tutti si possano incontrare e discutere di vari problemi liberamente?

– Perché rifiutare una società che di fatto elimina i rapporti fra gli individui e gli crea delle città che sono alveari?

... per una società senza servi e senza padroni.