lunedì 21 luglio 2008

Ettorex - Quarta Parte

Mentre Ettorex ingrassava, assumendo dimensioni dapprima cilindriche e poi cubiche, tant'è che alcuni amici lo chiamavano direttamente cane-cubo, successe un episodio che merita tutto il mio ricordo, in quanto credo sia una di quelle cose che accada solo una volta nella vita.

Dunque, avevo già detto che mi pioveva in casa; ma l'acqua piovana aveva iniziato a passare, filtrando dal tipico e tradizionale tetto a travicelli, in maniera diciamo un po' anarchica: senza regole, in un qualsiasi punto del tetto, a prescindere dal passaggio aperto durante la pioggia precedente.


Impossibile, quindi, prevedere dove, al primo tuono, posizionare pentole e secchi.


Tale casualità, benché inizialmente mi lasciasse indifferente, in quanto avevo instaurato un armoniosissimo rapporto con la natura, iniziò con il passare del tempo a lasciarmi qualche perplessità.


Non tanto perché accanto alla lavatrice, a causa forse della presenza di qualche residuo di detersivo, grazie all'acqua era iniziato a nascere qualche piccolo funghetto, una sorta di quelli noi chiamiamo 'chiodini', tra una mattonella e l'altra del pavimento, ma perché si rischiava ormai di compromettere anche i miei apparecchi elettronici.


Certo, a onor del vero, a parte l'acqua, i funghi e l'effetto barca del pavimento, la casa era bellissima, una delle case più belle in cui io abbia vissuto, solamente necessitava di piccole accortezze.


Il pavimento appunto aveva questo stranissimo effetto barca dovuto sì un po' alle piogge, ma dovuto anche al fatto che era ondulato, aveva delle affossature strutturali che mi procuravano, più che ansietà di caduta, uno strano giubilo, soprattutto quando rientravo la notte da qualche festa tra amici e bicchieri di vino, quando, per andare a letto mi toccava fare su e giù a ritmi doppiamente traballanti.


Dunque la pioggia, avendo iniziato a compromettere alcune mie apparecchiature elettriche, tipo stereo e computer, iniziò a causarmi qualche grattacapo: nel computer avevo la tesi, non potevo permettermi di perdere il frutto del duro lavoro di mesi.


Telefonai all'amministratore dell'abitazione, che lavorava per il proprietario che poi è quello delle Crociere Costa, al fine di avere o uno sgravio sul canone d'affitto o la riparazione del tetto.


L'amministratore della casa prendeva tempo, il proprietario era irraggiungibile, o in qualche tenuta in Maremma, o a Genova, non si sapeva, e intanto sembrava di essere nel periodo dei monsoni.

Quando successe l'episodio, mirabile ed irripetibile, dello scoperchiamento del tetto.


Dopo la minaccia di chiamare i pompieri al primo acquazzone, si presentarono tosto: una ditta di manovali albanesi, un geometra, l'amministratore, il proprietario stesso e la moglie, non troppo simpatica a Ettorex, al fine di risanare completamente il tetto.


Ora, la mia presenza e l'impossibilità di sostenere un trasloco condussero dritti dritti al fattore di dover aggiustare il tetto in due mandate: avrei liberato mezza casa alla volta e loro avrebbero man mano fatto il tetto, mentre io avrei spostato di volta in volta i miei effetti personali, Ettorex compreso.


Fu bello, anche per Ettorex. Era oramai giunta l'estate ed io per alcune settimane potei contare su una casa divisa esattamente a metà: da una parte con il tetto e tutte le mie cose, dall'altra il vero e proprio cielo in una stanza tra le pareti.


Di giorno mi riparavo dal sole e sudavo sulle mie carte dove c'era il tetto, di notte vedevo le stelle, letteralmente. Ettorex ed io assaporavamo la natura, in un frammisto di decoro: non eravamo dei senza tetto, ma quasi.


La notte godevamo il cielo seduti in poltrona, con la sua brezza, le stelle ed i rumori della campagna, a volte dormivamo sotto la luna e, nel periodo in cui il bagno era senza tetto, facevo le docce più emozionanti della mia vita, con il vapore che diventava direttamente nuvola, mentre Ettorex con l'immaginazione cacciava i pipistrelli, sognando chissà quale mostro da uccidere, anche se temo fosse più da mangiare.
Ma eravamo così in simbiosi che a lui del territorio, tetti o case, non importava più niente: viveva. Per lui importante era solo che ci fossi io nel raggio di pochi metri, per raggiungere la pace dei sensi: io mi mettevo a studiare e lui a russare saporitamente, di norma a pancia in su e con le zampe aperte, in posa pollo, lanciando orfici richiami e talvolta ringhi sottili.

Per il resto era tutto, ma proprio tutto, un gran polverone.

1 commento:

calendula ha detto...

ho ripensato a quello che ho scritto, ho capito quello che dici, e so bene che la colpa di queelo cheè successo alla fine non è di quel padre completamente stravolto da psicofarmaci e varie, la csa che mi ha dato fastidio e quindi a provocato il mio incazzo, è stata tutta la situazione, cioè la negligenza di tutti, dalla mammma in vacanza in turchia... dai parenti a cui era stato affidato il papà con la bimba... come hanno fatto a non accorgersi che lui non c'era più ?E poi è stata la paura, mi è venuto in mente che sarebbe potuto succedere in un posto isolato... un sacco di seghe mentali insomma, non so se il padre della bambina, si renda conto di quello che ha fatto, ma so per certo ,che la bambina ne porterà i segni...e questo che mi fa rabbia, capire quali conseguenze ci saranno, e non avre fatto nulla prima, insomma ho fatto un casino, ma almeno un pochino sono riuscita a spiegarmi ? Bo scusa sono prolissa!!!

volantino, “Perché lottiamo” – 1976

Perché?

– Perché intervenire in un quartiere occupando una casa con appartamenti vuoti da anni?

– Perché opporsi alla speculazione edilizia?

– Perché creare un centro sociale dove tutti si possano incontrare e discutere di vari problemi liberamente?

– Perché rifiutare una società che di fatto elimina i rapporti fra gli individui e gli crea delle città che sono alveari?

... per una società senza servi e senza padroni.