mercoledì 9 aprile 2008

Ettorex - Prima parte


Foto dell'autrice: Ettorex, Casole d'Elsa 2005

Lui.
Quella cosa morbida, appoggiata ai miei piedi, sotto le coperte nei freddi lunghi inverni.
Quella cosa puzzolente, come sotto un acquazzone.
Quella cosa bavosa, come quando mi bacia e mi morde.
L'amore puro, allo stato brado ed animale, incondizionato.

Il rapporto peccaminoso con il mio cane iniziò quando, abbandonato nel cortile di una scuola pubblica, il canile, supportato dal Comune e dalla mensa, minacciò la sua deportazione.

Originario di non sono dove, la famiglia di bastardi in cui nacque si era distinta per incallito vagabondaggio. Ultimo della sua cucciolata, essendo magro, tenerello e malaticcio, non raccolse quindi amor materno, né tantomeno fraterno e paterno.

L'allegra nidiata, dopo il travagliato parto, null'altro luogo trovò che il suddetto cortile dove, approfittando di qualche raro gesto di generosità della mensa scolastica, superò i primi giorni di vita.

Ma la vita è dura e anche da cani.

Il preside indignato dal tanto scalpore suscitato nelle menti plastiche dei suoi studenti, che all'ora di matematica preferivano sbirciare il cortile, piuttosto che seguire il professore, avviò l'indegna procedura che sottoponeva il problema all'attenzione dell'Illustrissimo Sindaco. Colui, spinto dal protocollo, dovette impegnare il suoi Consiglieri nel trovare una soluzione a tale sfacelo dell'istruzione.
I Consiglieri demandarono alle Segretarie, che altra strada non videro che formulare in quadruplice copia una richiesta al canile per la cattura e incarcerazione di quegli ammassi di peli pulciosi che iniziavano a muovere i loro primi passi nel mondo.

Nel frastuono generale, prodotto dal passaparola paesano che abbracciava la scuola, un po' di tempo passò e la coscienza si mosse.
Famigliole graziose ancora al primo figlio, giubilando fra i residui degli impulsi materni e paterni onnicomprensivi, si presero carico del salvataggio animale e quatti quatti si impossessarono di quattro dei cinque cuccioletti.

Ettorex, che abbiam detto era quello più stenterello, non fu baciato da tale fortuita sorte.

Il protocollo comunale, sul groppone del postino, già giungeva al canile.
L'ordinanza di cattura, da parte di due terribili mandatari comunali muniti di guinzagli e bastoni, già stava comparendo nello schermo del pc della segretaria del direttore carceriere.
Al click 'stampa' la fine di Ettorex sembrava già definita.

Il padre di Ettorex, tutt'ora anonimo sconosciuto, se la diede a gambe. Non avendo partorito, né allattato, vantava forza e superbia, non che accumulo di energie e calorie tali da tentare e riuscire nella fuga.
Abbandonò così madre e figlio nel grigio cortile sassoso.
La madre, oramai già a suo tempo accantonato il cucciolo perdente, non vide altra strada che leccarsi le ferite per le perdite e per il risanamento post-parto, speranzosa forse in una prossima e rapida dipartita.

Fu lì che lo vidi la prima volta.

Bianco gomitolo, rattrappito sotto la macchina del bidello, solo, smunto, spaurito, ma ancora ignaro ahimè della fine che lo attendeva.

La madre ancora troppo sbattuta fu la prima e facile preda degli inviati comunali.
Io invece, dopo una breve colluttazione con gli energumeni, salvai Ettorex e, stringendolo tra le mie braccia, giurai per lui un futuro migliore.

In precedenza non avevo mai pensato ad un cane, anzi.

Tale genere animale nutriva silenziosamente le mie idee di vendetta a causa di una brutta avventura che anni or sono aveva caratterizzato un mio viaggio in Spagna.







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volantino, “Perché lottiamo” – 1976

Perché?

– Perché intervenire in un quartiere occupando una casa con appartamenti vuoti da anni?

– Perché opporsi alla speculazione edilizia?

– Perché creare un centro sociale dove tutti si possano incontrare e discutere di vari problemi liberamente?

– Perché rifiutare una società che di fatto elimina i rapporti fra gli individui e gli crea delle città che sono alveari?

... per una società senza servi e senza padroni.