martedì 6 maggio 2008

Anarchismo (4) : sull'opinione pubblica, seconda parte

Sull'opinione pubblica: la sua importanza della divulgazione, sui sottili inganni della conoscenza e del sapere, sull'uso che ne può fare l'uomo.


L'opinione pubblica quale “l'aggregato delle attitudini individuali o delle convinzioni mantenute dalla popolazione” è fondamentale per la trasmissione ed il mantenimento di molti principi validi al gruppo sociale.


Oltre alle informazioni contenute nella storia, essa è la nostra antenata più viva.


Mi verrebbe quasi da anticipare la nascita dell'opinione pubblica a molto tempo prima del Secolo dei Lumi.


Per certi aspetti troverei molto più calzante tale mera definizione proprio per la storia antecedente il '700, benché tale anticipazione cozzi con il suo significato cronologicamente aggiunto. La trasmigrazione delle idee, già prima del boom editoriale settecentesco, permetteva la conservazione e la trasmissione di conoscenze e valori, essa era tradizione orale e cultura popolare condivisa (più o meno) e accettata (più o meno) tra i più.


L'opinione pubblica assume significato riconosciuto però, dal momento in cui si superano i confini, dal momento in cui il gruppo che attinge dalle stesse informazioni diventa sempre più grande.

Fenomeno illuministico, con intenti divulgativi e democratici, riaffermatosi ampiamente nel Novecento, con la cultura di massa, e requisito necessario attuale.


L'enorme possibilità di sviluppo della conoscenza appare così ampissima.


Il significato di 'ragione' e di conoscenza sono finalmente degne di essere riconosciute come fondamentali per la crescita dell'uomo. Esse assumono significato di superamento delle barriere geografiche, della cultura materiale e intellettuale indigena, delle ideologie e delle superstizioni nella sua accezione più ampia.


Di fronte ad una ricchezza così importante per l'essere umano, si pone però la questione del suo utilizzo.

L'uomo, l'artefice ,è in grado di saper utilizzare tale strumento a proprio vantaggio o finisce per rimanerne schiavo?


Di fronte ad un concetto così vasto, così denso di valore e significato, ma così neutro, si pone quindi sempre l'annoso problema della capacità o incapacità dell'uomo di saper utilizzare gli strumenti che genera e che ha.


Nel momento stesso in cui l'uomo diventa l'artefice dei propri strumenti, si presuppone, almeno logicamente che esso li sappia anche, o quantomeno utilizzare.


Di fatto l'opinione pubblica ha anche affrancato lo scrivere, il comunicare, il trasmettere stesso dal mecenatismo: lo scrittore smette di essere puro scribano governativo e diventa depositario di tutto il sapere.


O questo, almeno, per l'opinione pubblica, benché tuttavia uno scrittore libero rimanga escluso dalla ristretta élite intellettuale riconosciuta, tutt'oggi appannaggio governativo e politico.


Lo sviluppo dell'opinione pubblica e dei suoi valori quindi può essere (esclusivamente a queste premesse) riassumibile in tre diversi stadi.


A un primo stadio troviamo la trasmissione e la conservazione dei saperi e dell'esperienza; ad un secondo stadio la possibilità di ampliamento delle conoscenze; al terzo stadio l'affrancamento dello scrittore.


Ognuno dei tre stadi, però, contiene in sé anche tutti gli utilizzi più dannosi che l'uomo di fatto ne abbia saputo fare e che continuerà a fare.


O almeno fin quando non avrà appreso la sottile differenza che distingue il sapere dalla conoscenza.


1 . La trasmissione e la conservazione dei saperi sono diventati punti di arrivo, in cui la conoscenza è fine a se stessa, se non addirittura pericolosa.


Tali raggiunti saperi dell'opinione pubblica, anziché essere trasmessi come un nuovo punto di partenza per la conoscenza, rimangono mnemoniche citazioni.

Di fatto la progettualità ai fini di un sapere, la spinta all'esperienza come ulteriore conoscenza non vengono trasmesse.

Ciò che era punto di partenza è diventato punto di arrivo, oltre il quale altro non si trovi che il pericolo del crollo delle poche certezze dei pochi saperi.


Le ragioni di essere di tale pericolo sono varie ed possono andare dalla paura individuale del cambiamento, al bisogno di mantenere inalterati eventuali poteri raggiunti con determinati saperi.


2 . L'ampliamento delle conoscenze ha paradossalmente sbarrato la vera strada della conoscenza.


La conoscenza è divenuta, già nel '700, “pocket”, leggera, in sintesi, facile da trasportare sui carichi merci.

Lo studioso Robert Darnton ha individuato la fondamentale funzione della Grub Sreet nella divulgazione illuminista; la Grub Sreet era costituita da un manipoli di scrittori, sicuramente liberi, ma destinati alla produzione di un sapere per il commercio, tanto più ampio, quanto più semplice nella trasmissione e nella natura dei contenuti. Questo genere di editoria si è sviluppata parallelamente alle élite letterarie, tutt'oggi esistenti e assoggettate al governo, di coloro generavano le nuove idee da trasmettere.


Si andarono così sviluppando per mano della Grub Street tutta una serie di interpretazioni, riduzioni delle riduzioni delle idee, divenute saperi: tanti utili sì, ma nel contempo tanto delicati.


Tali saperi proponevano la conoscenza, le idee innovative dei grandi pensatori, intrisa della sua stessa subordinazione.


Saperi utili in quanto atti alla divulgazione, ma tanto dannosi se utilizzati con mera pigrizia.


Tutt'oggi noi siamo ottimi eredi di questa pigrizia: spesso ci appoggiamo a conoscenze ricevute per fonti di quarta, quinta mano, passate e filtrate cioè dalle menti di tutti coloro che ne hanno favorito, o fuorviato, la divulgazione.

Difficilmente invece troviamo stimolo nella editoria di divulgazione finalizzato a un percorso di conoscenza proprio.


Oggi tutti, grazie alla semplificazione e la mercificazione della conoscenza, si sentono nella posizione di poter trattare, valutare e addirittura giudicare un qualsiasi sapere.

Senza rendersi conto però, che talvolta lo stesso sapere è un pregiudizio, il cui frutto stesso è un pregiudizio a imitazione di altrui pregiudizi.


Il saperi si fanno sempre più piccoli, riassunti, ridotti, criptati, semplificati, tanto da divenire piccole frasi assolute ed indiscutibili.


Tutto parte dal preconcetto stesso del poter sapere, senza accortezza che il sapere comprende, già per definizione, il suo opposto: l'impossibilità di imparare, quindi ampliare le proprie conoscenze.


Il paradosso del sapere è la non-conoscenza.


Tale paradosso sembra essere oggi molto diffuso.


Attualmente il confronto per eccellenza è lo scontro tra chi sostiene giustamente opinioni diverse, ma tale confronto, piuttosto che essere indirizzato verso un arricchimento reciproco, un ampliamento delle conoscenze, è rivolto invece verso un voler imporre la propria opinione sugli altri, costi quello che costi. Tesi e antitesi come requisiti necessari per l'imposizione e non la risoluzione.


L'imposizione di quello che si reputa un sapere, diventa quindi Verità Assoluta anziché essere suscettibile alla conoscenza.



3 . L'affrancamento dello scrittore, infine, è diventato legge di mercato.


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volantino, “Perché lottiamo” – 1976

Perché?

– Perché intervenire in un quartiere occupando una casa con appartamenti vuoti da anni?

– Perché opporsi alla speculazione edilizia?

– Perché creare un centro sociale dove tutti si possano incontrare e discutere di vari problemi liberamente?

– Perché rifiutare una società che di fatto elimina i rapporti fra gli individui e gli crea delle città che sono alveari?

... per una società senza servi e senza padroni.